Ann Marra Shaftel, canadese, vive nella Nuova Scozia, da 37 anni si dedica all 'Arte della regione Himalayana tenendo lezioni, effettuando ricerche e lavori di restauro.

Ha collaborato come consulente o conservatrice di musei e collezioni di monasteri in tutto il mondo.

Borsista dell 'IIC (international Institute of Conservation of Historic and Artistic Works) e
dell'AIC (American Institute for Conservation), membro del CAPC e dell 'ICOM (International Council of Museums), e' laureata in Art Conservation, con master in Storia dell'Asia e studio dei musei. Ha lavorato e studiato al centro ICCROM (International Centre for Study of the Preservation and restoration of Cultural Property) di Roma facendo poi apprendistato con i maestri pittori Tibetani per 15 anni.

Anna lavora con organizzazioni governative, Universita', musei di primo livello e monasteri Buddhisti, in tutto il mondo. Tra gli altri: il governo reale del Buthan, l 'istituto ''Namgyal '' di studi Tibetani nel Sikkim, la libreria di studi e archivi tibetani a Dharamsala, l 'Istituto d 'Arte di Chicago, il museo Rubin di New York, il museo dell 'Universita' di Pennsylvania, il museo americano di Storia Naturale, il museo di arte tibetana ''Jacques Marchais'' di New York, il museo d 'arte asiatica di San Francisco, il Field Museum di Chicago e Shambhala International.

Ann, che collabora come esperta d'Arte con il Chronicle Herald e diverse catene televisive, ha tenuto corsi e lezioni su Thangkas in Australia, nord America, Buthan, Sikkim, India e Cina.


Gli altri contributi sui Thangkas:

1) Maneggiare con cura

2) Intenzione ed Intensita'

4) Spirituali, ma autentici ?

   

.: Pitture Sacre Tibetane - Thangka

Con questo articolo continuiamo la pubblicazione di una serie di saggi di Anna Shaftel, una delle piu' importanti esperte mondiali di questo argomento, che ha gentilmente accettato di collaborare con Cultor per la diffusione e l'approfondimento della Cultura e dell'Arte Orientale in Italia.

 

.: Note Tecniche

Lo scopo di questo articolo e' quello di presentare le caratteristiche
generali dei Thangkas e i danni piu' comuni che possono subire.

.: Introduzione e Storia descrittiva

I Thangkas presentano, a chi li deve salvaguardare, problemi particolari dovuti al loro metodo di preparazione e al loro uso tradizionale.

Il Thangka e' un oggetto religioso tibetano, a forma di rotolo, generalmente usato come strumento educativo o per altre pratiche religiose che, di solito, raffigura divinita' Buddhiste e/o Mandala. Si tratta di manufatti complessi che assemblano un dipinto, un montaggio in tessuto (a volte con gli angoli di pelle), nastri, una copertura in tessuto, un cordone per trattenere la copertura, un cordone per appenderlo al muro, aste di legno in alto e in basso, manopole decorative per le aste. Un'opera iconograficamente completa consiste in un dipinto e in tutte queste sue componenti. Il dipinto da solo e' incompleto.
La parola Thangka deriva dal tibetano thang yig 1 che significa ''annale'' oppure ''documento scritto'' 2. I Thangkas hanno avuto origine in India e si sono evoluti in Tibet seguendo gli spostamenti dei primi monaci nomadi Buddhisti. Costoro viaggiavano moltissimo per allargare l'area della conoscenza delle loro dottrine, tutto quello di cui avevano bisogno viaggiava con loro sul dorso degli yaks inclusi tende, attrezzi e dipinti; per questo i loro Thangkas venivano usurati dai continui arrotolamenti e srotolamenti. Piu' tardi, quando vennero costruiti i monasteri, i Thangkas vennero appesi sopra gli altari venendo cosi' danneggiati dal contatto diretto con i muri. Inoltre il fumo delle lampade di burro e d'incenso, tipiche del culto tibetano, ha lasciato sottili strati di fuliggine e grasso su questi vecchi Thangkas.

Queste opere d'arte, inoltre, pongono ai conservatori un'altra sfida per quel che riguarda l'uso e il restauro. Anzitutto devono essere trattati, fin dall'inizio, come un insieme di materiali composti. A volte, quando le condizioni lo impongono, un Thangka puo' essere smontato ed ogni componente trattato separatamente per poi riassemblare il tutto. Per preservare l'originale valore religioso ed estetico, molti trattamenti solitamente usati dai restauratori occidentali non possono essere utilizzati; ne' si possono adoperare le metodologie usate per il trattamento dei rotoli cinesi o giapponesi, sia in carta che in seta. Infine bisogna stare attenti al fatto che inappropriate tecniche di esposizione e mantenimento facilitino il deterioramento.
Per un conservatore che vuol mettere in atto un appropriato ed accurato procedimento di mantenimento e' determinante conoscere i procedimenti e le tecniche utilizzate per la sua manifattura. Personalmente ho documentato le tecniche di pittura dei Thangkas per molti anni: in primo luogo lavorando con i maestri tibetani in esilio in Nepal, India e Stati Uniti e, successivamente, lavorando direttamente sul mantenimento e la conservazione di numerosi manufatti.

Questa documentazioni, quindi, e' un'importante fonte informativa non solo per coloro che sono professionalmente coinvolti nella conservazione dei thangkas, ma pure per tramandare gli insegnamenti degli antichi maestri che, altrimenti, potrebbero scomparire con gli artisti in esilio.



.: Materiali e Tecniche

L'arte dei Thangkas e' trasmessa dai maestri agli studenti con un procedimento di apprendistato in cui il giovane artista vive e lavora con l'insegnante per diversi anni per imparare lo stile e le tecniche. La pittura dei Thangkas e' a carattere fortemente regionale e sia lo stile che le modalita' tecniche di preparazione variano a secondo del luogo d'origine. Anche il montaggio delle varie parti differisce a secondo della zona e dei soggetti raffigurati. Gli studiosi occidentali di storia dell'arte, a partire da Giuseppe Tucci, si sono focalizzati sullo stile del Tibet centrale che, generalmente, si caratterizza per strati di pittura piu' pesanti e meno sottili miscelazioni di colore, rispetto agli stili orientali. La maggior parte delle ricerche presentate in questo saggio documentano gli stili del nuovo Menri (XVII secolo) e Karma Gardri (XVI secolo) del Tibet orientale.

.: Supporto e fondo

Il supporto dei Thangka e', generalmente, di cotone trattato su cui viene effettuato il dipinto, prima di cucirlo sul montaggio. Nella scuola orientale i supporti venivano importati dall'India o dalla Cina perche' la qualita' fine, necessaria per lavorare su superfici molto lisce non era reperibile nel Tibet dell'est. Se il cotone e' il supporto piu' comune per le pitture dei Thangkas, la seta e' usata piu' spesso per i pannelli decorativi ricamati. 3 Tradizionalmente i maestri tibetani non preparano i supporti per i loro dipinti, ci sono assitenti specializzati nello stirare i fondi preparandoli per la pittura. I due metodi piu' usati in questo primo processo sono di legare le estremita' per metterle in tensione oppure di avvolgerle attorno a delle aste di legno per poi stirarle.
La colla denominata Yak-hide e' la piu' usata per la preparazione del fondo: necessita di un lungo processo in maniera tale da raffinarne una parte che poi verra' usata per il fondo. Essendo solubile in acqua questo collante rende vulnerabile il dipinto ai danni causati da questo stesso elemento.

Personalmente ho visto molte parte dipinte di Thangkas rimosse dal loro montaggio in tessuto e riattaccate a supporti cartacei o tessili con adesivi solubili in acqua. Questo ha prodotto un danno a causa dall'acqua assorbita dalla parte posteriore che ha imbevuto il fondo e gli strati di colore i quali, fondendosi insieme, hanno perso la loro finezza.

Il colore del fondo dipende sia dai materiali usati che dal gusto dell'artista. Calce e gesso sono i piu' usati per preparare il fondo dei Thangkas. Nero, rosso e oro sono usati per i Thangkas con uno stile specifico nel quale il colore si riferisce all'iconogrfia dell'immagine dipinta. Alcuni lavori recenti hanno il fondo marrone per farli apparire vecchi.
Nello stile del Tibet orientale il fondo e' applicato direttamente al supporto senza dimensionamento preliminare. Per esempio una miscela di calce, colla e acqua puo' essere mescolata in una ciotola. Un panno di cotone o una spugna naturale vengono imbevute con questo composto che ha la consistenza del latte di burro e viene spalmata sui due lati del supporto, strofinandola vigorosamente con le mani. Il supporto poi viene esposto al sole per seccare. Molti strati di fondo possono essere applicati in questa maniera, quindi il tutto viene lisciato con una pietra o una conchiglia, aggiungendo acqua con un panno bagnato per ammorbidire la superficie. Questo processo di lucidatura e' molto delicato, lungo e importante. 4
A Khams, provincia del Tibet orientale, anche dodici artisti possono lavorare insieme su piu' dipinti ,allo stesso tempo, con i loro assistenti che in precedenza preparano le basi. Il processo, quindi, continua secondo i passaggi tradizionali.

.: Misure

Il primo passo e' il thig tse, la misurazione e composizione delle figure. Un filo, thig ku, viene coperto di gesso colorato e teso sulla base a intervalli misurati. Tenendolo ben teso viene scosso per lasciar cadere il gesso che segna le linee che stabiliscono le proporizioni del dipinto: le figure, la loro collocazioone, il bordo dell'area disegnata e la parte dello sfondo.

.: Schizzo a carboncino

Quindi viene disegnato il kya ri, un abbozzo a carboncino. Guidati dai segni thig tse il maestro schizza le linee generali della figura principale, i contorni e lo sfondo. A questo punto il tutto viene esaminato in maniera tale da effettuare eventuali correzioni. Indaco o inchiostro di carbone sono usati sullo schizzo a carboncino per delineare le aree del dipinto anche se gli artisti contemporanei utilizzano anche un altro metodo: quello di usare blocchi di legno intagliato, detti shing par per delineare le immagini sul fondo, come se fossero xilografie.

.: Applicazione dei colori

L'applicazione dei colori in tibetano e' denominata leb tson. Solitamente un Thangka viene dipinto in varie fasi: prima il cielo, poi lo sfondo, quindi il primo piano. Le figure vengono dipinte secondo un ordine determinato dai colori: per primo il blu scuro in tutte le parti dove e' previsto. Questo per le proprieta' dell'azzurrite, il pigmento che compone questo colore, che tende a sporcare e deve essere lustrata. Poi viene applicato l'azzurro (una macinatura piu' fine dell'azzurrite), poi il verde (malachite), il verde chiaro (una macinatura piu' fine della malachite), l'arancio chiaro (minio) e il rosa (alcuni colori, come il rosa, sono prodotti mescolando pigmenti, coloranti vegetali e piante). Si procede poi con l'arancione scuro (minio), il rosso (vermillion), il giallo (orpiment), quindi le colorazioni della pelle. Il bianco e l'oro sono gli ultimi colori ad essere applicati. 5

Secondo lo stile tibetano orientale ogni colore deve essere applicato almeno tre volte, mentre nel Tibet centrale la copertura del colore e' piu' sottile. Il danno ai livelli di colore, di un prodotto della scuola orientale, risulta dalla mancanza di uno o piu' livelli di colore, mentre in un Thangka della zona centrale si evidenzia come una crepa del sottile strato di colore.

.: Sottolineature

Dopo l'applicazione dei colori viene effettuato il disegno, ri mo, che delinea i bordi delle forme. Questo solitamente viene fatto con due principali coloranti organici: indaco e lacca rosso-marrone. Questi due colori sono usati al posto del nero che invece viene adoperato per colorare i capelli delle figure. Delineare le forme col nero e' considerato frettoloso e inaccurato. Il ri mo, comunque viene fatto anche con ombreggiature del colore che viene delineato.

.: Ombre

Quindi vengono fatte le ombre, dang. In tibetano questo processo e' definito: "la caduta dell'oscurita' (come) un cambio graduale al disopra delle montagne''. 6
Ci sono due metodi di ombreggiatura: umida e secca. L'ombreggiatura secca e' il metodo piu' raffinato e viene applicata con un pennello dalla punta fine e ogni pennellata, o semplice punto, applica una piccolissima dose di pigmento. Cio' richiede molto tempo per definire l'intensita' di un colore e le gradazioni sono ottenute con la precisa e dettagliata spaziatura di queste delicate pennellate o dei punti. La sfumatura puo' essere aggiunta direttamente sul colore gia' applicato o sul fondo. Puo' anche essere combinata con la sfumatura umida che consiste nel mescolare insieme due tipi di colore con un pennello pulito. Questo puo' essere fatto anche con coloranti organici.



.: Ornamenti dorati

Il passaggio successivo e' denominato ser ri, ed e' l'applicazione degli ornamenti dorati. Sottili linee d'oro vengono dipinte per rappresentare broccati, cuscini, ricami e anche fiori, foglie e rocce (questo passo deve essere distinto dall'applicazione del color oro che, come gia' abbiamo visto viene effettuato come ultima applicazione dei colori, leb tson). Infine sia le aree del color oro che quelle dove sono state applicate le rifiniture d'oro vengono ripulite e definite con una gemma come l'onice. Dopo questa operazione, chiamata ser ur il dipinto viene tolto dal supporto di lavorazione, cucito con la sua cornice di seta e applicato al montaggio posteriore. Tradizionalmente questo lavoro viene effettuato da un sarto.

Fig. 1. Fotografia di un Thangka dipinto e montato secondo lo stile tradizionale della regione Khams, dal maestro pittore Khams-trul Pinpoche. Il fondo scuro dell'immagine si riferisce all'iconografia del soggetto riprodotto.

Khams e' una delle tre regioni storiche dell'Asia centrale (le altre due sono A-mdo e Dbus-Gtsang) in cui venne diviso il Tibet.

Nella figura 2, piu' in basso, la legenda di questo diagramma
che illustra le varie
componenti di un Thangka tradizionale.
L'esemplare a sinistra non ha ''l'arcobaleno'' che spesso circonda il dipinto, ne' la ''porta' nella parte inferiore del montaggio, indicata nel diagramma col numero 10.

.: Montaggi
I montaggi (o supporti in tessuto) sono spesso fatti con seta importata dalla Cina, dall'India e, ultimamente, anche dal Giappone. Questo per due ragioni: la necessita' iconografica di un "arcobaleno" (bordi in seta cuciti intorno al dipinto) e i costi. Assemblare insieme tessuti di trama e peso diversi puo' causare danni o strappi in quelli piu' deboli; sollecitazioni addizionali sono causate dalla struttura stessa che solitamente crea problemi negli angoli, dove le aste di legno strappano le cuciture, oppure nella parte superiore, a causa del peso che deve sopportare. Il pannello inferiore denominato la "porta" (nel diagramma indicato con il numero 10) spesso veniva ricavato dalla tunica di un giudice della dinastia Ch'ing, usualmente col disegno di un dragone. A causa dell'eta' e del loro uso precedente questi pannelli risultano piu' deboli deboli rispetto alla seta che li circonda e inoltre contengono sovente fili di carta dorata che necessitano di un trattamento particolare.
L'eta' spesso fa si' che una o tutte le parti in seta siano seccate e quindi molto piu' fragili.
Solo recentemente le parti dipinte sono state cucite ai loro montaggi con macchine da cucire. Prima veniva usato il filo di cotone, cucito stretto. Questo pero' causava un'altra tensione tra il dipinto e il suo supporto che poteva causare un danno.
I montaggi sono composti con un tessuto diverso: chintz di cotone o seta particolare. Spesso troviamo questa parte allentata in quanto il peso stira il tessuto.
A volte quando si rimuove il dipinto per pulirlo, la parte usata per essere cucita al supporto, quindi non esposta, risulta pulita rispetto a quella che ha subito l'esposizione alla luce e al fumo delle lampade.

.: "Aprire gli occhi"
Finalmente, quando l'opera e' finita, c'e' una cerimonia di consacrazione, ab ne, che include il rituale cen je, di "apertura degli occhi". Questa cerimonia, solitamente officiata da un monaco o da un maestro religioso, spesso comprende la stesura di una scritta sulla parte posteriore del manufatto. Solo alla fine di questa cerimonia si ritiene che il Thangka sia vivo e in grado di comunicare ed espletare le sue funzioni.



.: 3 Tipi di danni
I danni piu' comuni ai dipinti vengono dalla loro sensibilita' ai cambi di umidita', dall'acqua, dall'impropria manutenzione e dai depositi di grasso e fuliggine provocati dalle lampade.

.: Danni dell'acqua
I Thangkas spesso sono stati appesi a lungo ai muri dei monasteri e questo puo' aver causato una serie di danni ai supporti, al montaggio e al dipinto. Quando la parte posteriore si impregna di umidita' si possono verificare macchie, crepe, perdita di dettagli o luminosita' del colore. Questo avviene soprattutto quando ci sono sbalzi di umidita': possono comparire macchie al centro del montaggio di supporto e ai suoi lati, mentre ai quattro angoli si formano dei corrugamenti.
Il danno provocato dall'acqua e' quello, gia' citato, provocato dagli adesivi solubili utilizzati per far aderire il dipinto al pannello di supporto. Come gia' abbiamo accennato l'acqua trasuda nel dipinto e i colori si sciolgono mescolandosi tra loro.

Legenda:

1) Cordino a cui si appende il Thangka

2) Asta di sostegno

3) Cordino per trattenere la copertura

4) Copertura

5) Bordo

6) Dipinto

7) Nastro

8) Cordone interno

9) Cordone esterno

10) "Porta"

11) Supporto in tessuto (montaggio)

12) Manopole decorative sull'asta inferiore

Fig. 2. Diagramma che specifica i piu' importanti elementi strutturali di un Thangka.

.: Mantenimento improprio

Anche un mantenimento improprio puo' essere causa di grossi danni. La struttura del Thangka fu ideata per facilitarne il trasporto: il ripetuto arrotolamento e srotolamento nel corso dei secoli causa inevitabilmente danni al supporto o al dipinto.
Il metodo tradizionale di arrotolamento di un Thangha e' l'unica maniera ritenuta rispettosa per maneggiarli: si deve arrotolare dal fondo verso l'alto arrotolando allo stesso tempo la copertura. Questo purtroppo comprime i pigmenti e logora la superfice. Un arrotolamento scorretto puo' rovinare la parte in seta e i nastri.
Se l'arrotolamento viene fatto mettendo le mani sul dipinto, anziche' sul suo supporto, si possono registrare altri danni. Se poi il Thangka arrotolato viene conservato in piano si possono avere delle piegature con conseguenti rotture, soprattutto nei livelli di colore del dipinto.
Danni al dipinto possono essere stati causati anche dalla tecnica usata dall'artista, soprattutto per quel che riguarda i livelli dei colori, la loro definizione e luminosita'.

.: Depositi

Il culto tradizionale tibetano prevede lampade che bruciano incenso o burro davanti ai Thangkas. Questo causa sottili depositi di fuliggine, sporco e anche grasso che risultano molto difficili da rimuovere. Il fumo di queste lampade spesso impregna la seta deteriorandola.

.: Conclusioni

Come risultato dei suddetti processi spesso il dipinto e il montaggio dei Thangka si trovano in cattive condizioni. Lo scopo di questo articolo non e' di descrivere lo specifico trattamento di restauro di un Thangka, argomento che verra' trattato in un contributo successivo.

Ann Shaftel

.: Riferimenti

The spelling of Tibetan words in this paper is phonetic rather than literary. Corrected spelling has been provided by David Jackson.
ChögyamTrungpa, Visual Dharma, Shambhala, 1975
RinzinRongae, personal communication, 1976.
Ibid., and scientific analyses done a samples taken out of Tibet by the Rongae's father and on pigment samples from thangkas.
NoedrupRongae, personal communication, 1977.



.: Riconoscimenti

L'autrice desidera ringraziare alcune persone che hanno gentilmente collaborato: senza il loro apporto questa ricerca non avrebbe potuto essere completata. Per le informazioni sui Thangkas tibetani e' stato fondamentale l'aiuto di Vajracarya, il venerabile Chögyam Trungpa, Rinpoche, Noedrup e Rinzin Rongae, maestri pittore della rigione orientale. Un ringraziamento va anche a David e Janice Jackson, autori di Tibetan Thangka Painting, Serindia Publications, London, 1984.