4 - Spontaneità delle azioni
Spontaneità degli effetti

di David e Michiko Young

Questo studio fa parte del manoscritto "Spontaneity in Japanese Art and Culture", risultato di molti anni di studio e di insegnamento. Scritto dal punto di vista antropologico è focalizzato sulla relazione tra Estetica e Cultura in Giappone, non solo dal punto di vista dell'evoluzione di questi concetti, ma pure di quello delle manifestazioni contemporanee come ad esempio l'architettura. Qui viene presentato il contenuto del 4° capitolo che studia la spontaneità delle azioni e dei loro effetti, fondamentale per comprendere l'Estetica nell'arte e nella cultura giapponesi.


6 - Panoramica della spontaneità

Shibui (Shibusa) è una particolare estetica che privilegia la bellezza spontanea semplice, sottile e discreta.


Wabi-sabi costituisce una visione del mondo giapponese, o estetica, fondata sull'accoglimento della transitorietà delle cose,

talvolta descritta come "bellezza imperfetta, impermanente e incompleta".


Le varie scuole differiscono per i dettagli e le regole, ma mantengono intatta l'essenza della cerimonia del tè che il grande maestro Sen no Soeki detto Rikyu (1522-91) aveva istituito. Quest'essenza è arrivata fino a noi incontestata e il rispetto per il fondatore è uno degli elementi che tutte le scuole hanno in comune.
Egli ha raccolto i principi fondamentali (o virtù) della cerimonia del tè in quattro semplici parole:



1)
wa, armonia tra le persone e con la natura, armonia degli utensili e la maniera in cui essi vengono usati;


2)
kei, rispetto verso tutte le cose e sincera gratitudine per la loro esistenza;


3)
sei, purezza interiore, ma anche nitore e pulizia delle cose che ci circondano;


4)
jaku, tranquillità e pace della mente, conseguente alla realizzazione dei primi tre principi.
La tradizione moderata

I valori estetici associati alla tradizione moderata, originata nel periodo Yayoi, hanno preparato il terreno per l'accettazione rapida del Buddhismo Zen, quando è stato introdotto in Giappone dalla Cina, alla fine del 12° secolo. Anche i maestri del tè, al momento della progettazione delle case da tè si rifecero alle forme estetiche precedenti, come ad esempio quelle essenziali del tempio di Ise Jingu (vedi cap.2).


Termini come wabi -sabi, che descrivono le qualità sottili associate con la cerimonia del tè e con le arti relative, hanno fornito le basi per la nascita, nel seicento, del concetto di shibusa come valore estetico riconosciuto. In altre parole, non c'è stata una relazione molto stretta tra la sviluppo di shibusa e le arti Zen. Il concetto di shibusa cattura, infatti, il gusto estetico associato a un punto più alto nella storia dell'estetica Zen.

Shibusa, associato con la spontaneità dell'effetto, è una categoria estetica sul continuum tra moderazione ed esuberanza, partecipa anche in un altro continuum, quello tra spontaneità di effetti e spontaneità dell'azione. A differenza di shibusa, tuttavia, la spontaneità d'azione non è una categoria estetica, ma la libertà che viene dalla trascendenza dell'ego.

Spontaneità dell'azione

L'arte Shibui non è necessariamente il risultato di spontaneità di azione da parte dell'artista. Nella maggior parte dei casi, è probabilmente impossibile sapere se c'è spontaneità di azione senza osservare direttamente il processo di produzione. La discussione che segue considera alcuni esempi di ciò che può essere considerata vera e propria spontaneità.

La Spontaneità è derivata da una grammatica interiorizzata

Oggi molte persone in Giappone studiano un'arte, come la cerimonia del tè, che in origine era strettamente associata con il Buddhismo zen. Ma il loro studio non comporta necessariamente una ricerca di comprensione religiosa. La gente prende lezioni dai maestri del tè su come muoversi con grazia, in modo che ogni azione, per quanto circoscritta, per convenzione, sembri naturale. Questa è considerata la spontaneità di effetti. Un modo per creare la spontaneità di effetti, quindi, è quello di imparare una serie di regole per imitare le azioni del docente.

Di tanto in tanto, una persona va al di là dell'imitazione fino alla padronanza di una vera e propria arte. In questi casi una genuina spontaneità d'azione emerge da regole ben interiorizzate. Un maestro non ha bisogno di rivedere le regole o pensare alle azioni più appropriate, lui o lei le conoscono intuitivamente. Proprio come chi parla la madrelingua avendone interiorizzato la grammatica, i maestri di una forma d'arte hanno interiorizzato una grammatica che permette loro di creare il comportamento ed i manufatti senza pensiero cosciente.

Lo stesso vale per la musica, il dramma e le altre forme d'arte, così anche per lo sport. Hanno la possibilità di trascendere il proprio ego e provare un senso di libertà che contrasta fortemente con le norme e i regolamenti della vita quotidiana. In altre parole, anche se potrebbe sembrare paradossale a prima vista, il formalismo e il rispetto delle regole non sono necessariamente antitetici alla spontaneità.

A sinistra: sviluppare la capacità per procedere ad una cerimonia del tè fluida e spontanea richiede molti anni di pratica. A destra: una ciotola per la cerimonia del tè Shino.



Yanagi Sōetsu (柳宗悦, 1889-1961), conosciuto anche come Yanagi Muneyoshi, filosofo giapponese fondatore del movimento mingei (arte popolare o folk) tra il 1920 e il 1930.


Lo spirito del Mingei ha ispirato anche i designer moderni. Tra il 2008 e il 2009 è stata allestita al museo del quai Branly di Parigi una mostra intitolata "L'Esprit Mingei au Japon" dall'artigianato popolare al design, dedicata ai lavori più recenti di questa corrente in Francia.


Le bambole Kokeshi, di piccole dimensioni, in legno e dipinte a mano, hanno una forma particolare: una sfera per testa ed un cilindro per il corpo, privo degli arti.
Rappresentano bambine, ma da alcuni anni anche donne e uomini di campagna nella vita di tutti i giorni.
Prodotte nella zona di Hakone e Tohoku, si pensa che siano originarie dei piccoli villaggi di montagna e della città di Sendai. Gli studiosi ritengono che un tempo le bambole con cui giocavano le bambine avessero questa forma. Si presuppone che le prime bambole siano state costruite nell'epoca di Edo e che tra il XVII ed il XVIII secolo le Kokeshi raggiunsero l'apice della loro popolarità.




Spontaneità dell'arte popolare

Come i primi maestri del tè, Yanagi Sōetsu, fondatore del movimento dell'arte popolare (Mingei) in Giappone, è stato in grado di vedere la bellezza negli oggetti comuni. I suoi sforzi per realizzare i musei di arte popolare, numerose pubblicazioni e la sua influenza personale su ben noti ceramisti hanno contribuito, nell'epoca della tecnologia e delle macchine, a salvare molte arti e mestieri tradizionali dalla morte. In un saggio su mingei (1984), Yanagi descrive come venivano dipinte le ciotole Sung. Questi lavori non venivano eseguiti da professionisti, ma dai figli di famiglie povere, che raggiungevano l'eccellenza per mezzo della ripetizione infinita. Questi bambini hanno dovuto disegnare le stesse immagini centinaia di volte ogni giorno e la ripetizione costante ha permesso loro di lavorare senza esitazione.

Per tutta la sua vita, Yanagi ha sottolineato la funzione non assertiva dell'arte popolare. Tali ceramiche, ha sostenuto, sono fatte per essere usate, non guardate. Il vasaio produce un numero limitato di forme diverse, la ceramica non è firmata e non è costosa. Perchè i gesti del vasaio sono fatti senza pensare, quello che fa ha la spontaneità e il fascino, in contrapposizione a quella sensazione di artificioso offerta da molti pezzi professionali. La ceramica popolare è un esempio di ciò che Yanagi definisce la "mente quotidiana" dello Zen. Come interiorizzazione di una grammatica, la produzione di ceramica popolare può comportare un tipo di trascendenza dell'ego.

Questo artista popolare produce bambole kokeshi di legno in gran quantità. Facendone così tante, può lavorare spontaneamente senza pensarci.

Un vaso Bizen senza pretese e senza segni di stile; i suoi colori naturali sono intensificati da una chiazza di sale nella parte inferiore. Non tutta l'arte popolare è prodotto di massa: questo pezzo umoristico sulla destra è stato fatto a mano, da un agricoltore, nel tempo libero in inverno.



La dottrina Buddhista Zen si fonda, come il Buddhismo Chán da cui deriva, sul rifiuto di riconoscere autorità alle scritture buddhiste (sutra). Alcune di esse, però, come il Sutra del Cuore, il Vimalakirti Nirdesa Sutra o lo stesso Lankavatarasutra, sono spesso utilizzate durante le funzioni religiose e nella formazione dei discepoli. L'unica autorità che il Buddhismo Zen riconosce e su cui fonda il proprio insegnamento è la particolare esperienza che viene indicata come 悟 (satori o go, "Comprensione della Realtà") o anche 見性 (kenshō, "guardare la propria natura di Buddha" ovvero "attualizzare la propria natura 'illuminata'"). Questa esperienza non viene semplicemente identificata come "intuizione" piuttosto come una esperienza improvvisa e profonda che consente la "visione del cuore delle cose" la quale risulta essere identica alla "natura di Buddha" (佛性 busshō). Tale "natura del Buddha" è la natura di tutta la realtà, del cosmo e del Sè e corrisponde alla stessa vacuità (空 kū) indicata dall'Ensō (円相), un simbolo dalla forma circolare tra i più significativi dello Zen. Origine e fondamento delle arti e della cultura, lo Zen ispirò la poesia (haiku), la cerimonia del tè (cha no yu o chadō), l'arte di disporre i fiori (ikebana), l'arte della calligrafia (shodō), la pittura (zen-ga), il teatro (Nō), l'arte culinaria (zen-ryōri, shojin ryōri, fucha ryōri) ed è alla base delle arti marziali (es. aikido, karate, Jūdō), dell'arte della spada (kendo) e del tiro con l'arco (kyudo).
Obiettivo e contenuto delle dottrine Zen è dunque realizzare il satori il quale non corrisponde al nirvāṇa obiettivo delle scuole del Buddhismo dei Nikaya: se quest'ultimo si presenta infatti fondamentalmente come rinuncia al mondo e distacco da esso, il satori si propone una partecipazione attiva e consapevole al mondo anche se percepito nella sua dimensione di vacuità.
Lo Zen evita la speculazione intellettuale e si distingue anche dalle altre scuole buddhiste mahāyāna per aver reso centrale la pratica meditativa (zazen) nelle sue forme di shikantaza o accompagnata dallo studio dei kōan.

La corretta postura per praticare lo Zazen.
La mente non si deve concentrare su alcun
oggetto particolare e non deve tentare di gestire o guidare il pensiero.
Assunta la posizione adeguata, la respirazione e' profonda, la volonta' si rilassa naturalmente. Quando i vari pensieri si presentano nella mente non si sente piu' il bisogno di affrontarli, seguirli o lottare con loro. Si lasciano solo affiorare e quindi allontanarsi dimenticati. La cosa più essenziale nello ZAZEN è raggiungere la consapevolezza (Kakusoku) da uno stato di pensiero distratto dalle preoccupazioni e ottuso nell'affrontare cio' che affiora nella mente.


Al sistema iemoto era affidata la trasmissione di gran parte del patrimonio musicale durante il periodo Edo. Il termine iemoto [lett. "origine della casa"] designava il capo di una scuola artistica; entrando nella scuola una persona contraeva con lo iemoto un legame di dipendenza ed un impegno di fedeltà molto forti, paragonabili più a un rapporto di parentela o alla dipendenza di un religioso dal suo superiore. I discepoli della scuola condividevano non solo lo studio (che privilegiava la trasmissione fedele del repertorio della scuola più che la creatività e l'originalità) ma anche vari aspetti della vita pratica e della conduzione della casa del maestro, da cui spesso erano anche adottati.



Spontaneità dei bambini


L'arte di un bambino è spontanea perchè non ha ancora imparato le regole, le tecniche e i criteri per distinguere tra ciò che è considerato bello e brutto, o la paura del ridicolo. I bambini hanno un approccio sperimentale. Non sono interessati al fatto che
quello che fanno rappresenti qualcosa nel mondo esterno, ma piuttosto al piacere di vedere un pastello lasciare una traccia di colore, o a modellare e rimodellare argilla nelle loro mani. Questo tipo di piacere non è appreso: la sua origine è nel sistema limbico del cervello, ed è evocata da specifiche attività motorie e percettive (Young 1982).

E' stato anche osservato negli animali, in particolare negli scimpanzè. Lo scimpanzè, Alpha, per esempio, quando ha una scelta tra alimentari o materiale da disegno, spesso ha scelto quest'ultimo, anche se ha fame (Schiller 1951). Alpha poi distrugge molti dei suoi disegni, rendendo chiaro che il suo piacere non è stato derivato dal prodotto finito, ma dalla stessa attività.

L'arte spontanea del bambino ha una libertà di espressione che è invidiabile da parte degli adulti sensibili che devono lavorare duramente per poter superare le norme acquisite negli anni.

Spontaneità dell'azione nel Buddhismo Zen

Molte delle arti giapponesi sono state stimolate dall'introduzione del Buddhismo Zen, una religione che si è spinta agli estremi per evitare il formalismo. Il suo insegnamento insiste sul fatto che le intuizioni originali del Buddha storico devono essere trasmesse direttamente da maestro ad allievo, anzichè essere canonizzate in un libro sacro, codificate in un insieme di regole o istituzionalizzate in un'organizzazione sacra. A causa del suo approccio estetico e intuitivo alla vita, lo Zen era più compatibile con la sensibilità giapponese di qualsiasi altra forma di Buddhismo.

Vi è una stretta correlazione tra il Buddhismo Zen come religione e le arti a cui lo Zen ha dato origine. I concetti di base per la comprensione dello Zen sono zazen e zen-ki.
Zazen
si riferisce alla meditazione seduta. A volte, quando il praticante si siede, mente e corpo "cadono" a rivelare la natura essenziale della realtà identificata come MU, il potenziale informe al di là del tempo e dello spazio che manifesta costantemente se stesso nel mondo fenomenico. Per l'essenza della realtà ultima, l'esperienza del MU è tale che le barriere tra sè e le altre cose, tempi, luoghi sono superate. La mancanza di forma dinamica del MU è ciò che si intende con il concetto di "Natura del Buddha" che non è un'entità cosmica oltre a sè, ma piuttosto "Il territorio dell'Essere", a cui tutto partecipa.


Mu è la pronucia giapponese del carattere cinese tradizionale: 無 qui in forma corsiva.

MU può essere tradotto approssimativamente con "nessuno" o "senza". Si usa come risposta a certi koan e altre domande nel Buddhismo zen, volta ad indicare che la domanda stessa a cui si risponde non ha senso.

Uno dei più famosi koan MU chiede:

"Un monaco chiese a Zhaozhou, famoso maestro zen cinese: "Un cane ha o no la natura di Buddha?". Zhaozhou rispose semplicemente: "MU".

La risposta di Zhaozhou viene interpretata nel senso che questo tipo di pensiero categorico è un delirio e, quindi, sostanzialmente inutile. In altre parole, sì e no sono sia giusti che sbagliati. Questo koan è usato tradizionalmente dagli studenti della scuola Rinzai dello Zen per la loro iniziazione agli studi.

Nel suo romanzo del 1974 Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, Robert M. Pirsig tradusse Mu con "niente", affermando che significava "non fare la domanda". Portò l'esempio del circuito di un computer che, utilizzando il sistema numerico binario, utilizza in realtà Mu per rappresentare lo stato di alta impedenza:

"Per esempio, si dice che i circuiti di un computer mostrano solo due stati, un voltaggio per "one" ed un voltaggio per "zero". Questo è stupido! Qualunque tecnico sa che le cose stanno diversamente. Provate a trovare un voltaggio che rappresenti uno o zero quando manca la corrente! I circuiti sono in uno stato mu".


Secondo i pensatori Zen, quando un individuo incontra il terreno creativo del suo essere, sperimenta il risveglio di una creatività più profonda e si ispira ad impegnarsi in quello che Hisamatsu (1982: 11) identifica come zen-ki (Zen di attività ) - "Il lavoro fondamentale dello Zen per sè contiene il significato di sorgente, il movimento, il dinamismo, l'impulso, la spinta, la spontaneità e l'immediatezza". Proprio come le potenzialità del MU si esprimono
costantemente nella forma; si emerge dallo zazen con un nuovo apprezzamento del mondo dei sensi. Dopo aver incontrato la fonte ultima della creatività, l'individuo risvegliato può essere ispirato ad essere più creativo.

Inoltre, per l'individuo risvegliato, la fama e la fortuna perdono il loro fascino. Procedendo lungo il sentiero della luce, si diventa sempre più liberi dall'attaccamento alle cose, alle regole e al proprio ego. Il risultato è una libertà e spontaneità che consente di vivere nel momento presente, piuttosto che ricordando sempre il passato o anticipando il futuro. L'individuo "risvegliato" può cercare di comunicare questo nuovo senso di libertà con una dipendenza minima alla concettualizzazione o intellettualizzazione dei processi di natura, una delle cause principali dell'essere "oscurato". L'arte, a causa del suo appello diretto ai sensi e alla comprensione intuitiva, è l'attività umana più adatta a tale compito. Non è un caso che il Buddihsmo Zen sia strettamente associato a diverse discipline (come la cerimonia del tè, il teatro Noh, l'Ikebana, la calligrafia e il tiro con l'arco) proprio in quei paesi dell'Asia orientale, in cui ha raggiunto la maturità (tra cui Cina, Giappone e Corea). Le arti Zen (associate con lo Zen anche se non necessariamente create dallo Zen) hanno contribuito a concentrare la mente a realizzare il risveglio, ma hanno anche fornito un mezzo espressivo che è stato più diretto ed esperienziale del discorso analitico.


Uno dei più famosi pittori Zen è stato Sesshū (1420-1506). Questo suo "Paesaggio invernale" ha una sensazione di spontaneità, nonostante l'elevato livello di struttura. Enso: il cerchio in inchiostro nero sulla destra, dipinto spesso dai sacerdoti Zen, rappresenta il concetto di MU - il potenziale informe di là del tempo e dello spazio. La trama dell'inchiostro indica la velocità e la spontaneità con cui il dipinto è stato eseguito.

Se l'arte Zen è l'espressione spontanea delle sorgenti della creatività, motivata dall'incontro col MU, piuttosto che dal desiderio di produrre un oggetto "bello", quante persone sono in grado di produrre arte Zen? La risposta è: molto poche. Il Buddhismo Zen e altre forme di contemplazione religiosa sono state a lungo in crisi in Giappone. Eppure, paradossalmente, le arti in origine strettamente associate con lo Zen, come la cerimonia del tè, l'ikebana e alcuni tipi di ceramica, sono ancora conosciuti. Sono eredi di una lunga tradizione che ha eroso le fondamenta religiose e incanalato la spontaneità Zen originale in più "scuole", ognuna con le proprie regole progettate per simulare la spontaneità. La pratica di trasmettere una forma d'arte nel tempo in una struttura gerarchica, come l'organizzazione familiare, composta da un maestro e dei suoi studenti, è noto come il sistema iemoto.

Non ci volle molto tempo per seguire la tendenza a simulare la spontaneità dei primi maestri. Dopo la morte del grande maestro del tè, Sen no Rikyu, Furuta Oribe ha creato il movimento a favore delle tazze da tè rovinate. Uno degli studenti di Furuta, il famoso Honami Koetsu, ha rotto una delle sue tazze chiamata "Seppo" (che significa cima coperta di neve) riparandola con l'oro. Coloro che usano questa coppa non possono fare a meno di notare la parte riparata e immaginare quanto bello e perfetto questo calice sarebbe se non fosse stato rotto (Morikawa 1991).

Professionisti moderni di arti derivate dallo Zen si sono allontanati ulteriormente dalle credenze e pratiche originali. Il capo di una moderna scuola di ikebana, per esempio, ha di solito molti studenti che pagano tariffe elevate per ricevere una serie di lezioni che culminano in un certificato speciale di insegnamento. Il responsabile della scuola è spesso presentato in una newsletter contenente una serie di immagini del "maestro" che riceve il plauso dei suoi seguaci. Un vasaio ben noto, che lavora seguendo una tradizione originariamente sviluppata per la produzione di utensili per la cerimonia del tè, distrugge alcuni dei suoi vasi salvando solo i più belli, firmandoli. Questo gonfia notevolmente il prezzo delle sue ceramiche, spesso assicurando che il suo lavoro verrà visualizzato su una mensola, invece di essere utilizzato per scopi pratici.

Le varie scuole di arti tradizionali in Giappone continuano a produrre artigiani altamente competenti che fanno parte del patrimonio che la cultura Zen (dal 13° al 16° secolo) ha lasciato al mondo moderno. I prodotti di queste scuole, tuttavia, non sono sempre Zen nella motivazione o nello spirito. Possono essere Shibui ed esporre ciò che abbiamo chiamato "la spontaneità di effetti", ma non sono necessariamente il risultato di zen-ki (spontaneità di azione). Tuttavia, si dovrebbe tenere a mente che anche la cerimonia più ritualizzata o un lavoro d'arte formale può, se le condizioni saranno favorevoli, portare l'esperienza di trascendenza e di "liberazione della mente" associate con la spontaneità. In breve, anche se la spontaneità di azione e la spontaneità di effetti sono diverse e non devone essere confuse, non sono necessariamente antitetiche.

 





Spontaneità nell'Arte e nella Cultura giapponese

1 - Introduzione

2 - Moderazione ed Esuberanza

3 - Il concetto di Shibusa

4 - Spontaneità, azioni ed effetti

5 - Estetica della vita quotidiana

6 - Panoramica della spontaneità


Questo vaso Ogawa è stato intenzionalmente urtato sul collo e sul lato per creare ciò che abbiamo chiamato "la spontaneità di effetti".

Spontaneità degli Effetti

I giapponesi lasciano ben poco al caso. La cultura tradizionale giapponese pone molta importanza sulla pianificazione nei minimi dettagli provando gli eventi in modo che si svolgano senza errori. Le arti non fanno eccezione. Un apprendista studia con un maestro per anni prima di essere autorizzato all'indipendenza di pensiero o di azione, e le tecniche sono ripetute fino a quando non diventano una seconda natura. Ci sono, inoltre, norme e procedure specifiche per realizzare quella che potrebbe essere chiamata la spontaneità di effetti. La ceramica Bizen fornisce un buon esempio.

Originaria del Giappone nel 13° secolo (periodo Kamakura), normalmente non è smaltata. Viene cotta in forni alimentati a legna, per molti giorni, a bassa temperatura. Ciò fa emergere una varietà di colori tenui scaturiti dai minerali della creta stessa. Piccoli pezzi rotondi di argilla cotta possono essere messi sui piatti in modo da creare una temperatura più bassa sotto, che genera un colore arancione, che contrasta con i colori più scuri del resto del piatto. Altre tecniche sono quelle di gettare paglia o sale nel forno durante la cottura. I segni che ne risultano sul vasellame lasciano una forma incisa in superficie o (col sale) una spruzzata di grigio e bianco. Anche le ceneri della combustione possono lasciare un segno particolare. Queste procedure, hanno prodotto ceramiche molto apprezzate dai primi maestri del tè, perchè hanno una qualità naturale, spontanea che non evoca un senso di regolarità meccanica o precisione matematica. La ceramica Bizen fornisce uno dei migliori esempi di cosa si intende per Shibui. L'imprevedibilità del risultato a causa di fattori casuali prevede la spontaneità dell'effetto. Tuttavia potrebbe essere messo in discussione se la bellezza semplice ma sofisticata della ceramica Bizen è il risultato di spontaneità autentica da parte del vasaio.

Le zone arancioni su questa piastra Bizen sono state create inserendo pezzi d'argilla a forma di frittelle, mentre era sul fuoco. Le aree biancastre sono prodotte dal sale gettato nel forno.

Cronologia
della Storia
Giapponese

Un altro esempio di spontaneità consapevolmente prevista dell'effetto è insita nel concetto di suteishi, nei giardini giapponesi. Il termine Suteishi viene usato per definire una roccia che è messa così casualmente da apparire quasi come un ripensamento. Secondo Slawson (1991:139), che ha studiato gli insegnamenti "segreti" di costruzione dei giardini con un maestro a Kyoto, "il ruolo estetico di queste rocce era chiaramente quello di infondere nella composizione un flusso libero di spontaneità".

Sōtō zen è una delle due maggiori scuole giapponesi del buddhismo zen inaugurata dal monaco giapponese Eihei Dōgen nel 1227, in seguito ad un pellegrinaggio in Cina da dove riportò insegnamenti, della scuola Caodong (曹洞宗). Successivamente Keizan Jōkin ne darà una formalizzazione che permetterà la penetrazione nelle scuole buddiste.
La scuola Sōtō incentra la pratica sulla meditazione seduta (o zazen) che deve essere totalmente silenziosa e senza oggetto (dunque senza alcun sostegno), a differenza della scuola zen precedente (臨済宗; Linji-zong, tradotta in giapponese come Rinzai-shū), che allo zazen affianca la risoluzione dei kōan (problemi irrisolvibili razionalmente che il maestro pone al discepolo) e l'utilizzo del mondō (domande e risposte tra maestro e discepolo).
Per questo motivo quello della scuola Sōtō è chiamato anche mokushō zen: lo zen del risveglio silenzioso, mentre quello della scuola Rinzai kan-na zen (lo zen della contemplazione della parola).

Il Buddhismo Sōtō Zen fu portato in Europa nel 1967 dal monaco giapponese Taisen Deshimaru (1914-1982)

Conclusione

Abbiamo sostenuto che la spontaneità dell'effetto non è necessariamente raggiunta con la spontaneità dell'azione da parte dell'artista. Può infatti derivare da fattori casuali, come la cenere del legno in un forno Bizen. Oppure può derivare da fattori intenzionali come battere un vaso prima che sia asciutto per creare asimmetria. Allo stesso modo, la spontaneità di azione, definita come attività che trascende l'ego, non comporta necessariamente la spontaneità di effetti o artefatti Shibui. Ad esempio, una pittura Zen benchè di solito abbia caratteristiche di spontaneità, sovente è anche Shibui nella sua semplicità, modestia e colori moderati. L'Arte Zen può essere creata da un individuo la cui spinta creativa è stata stimolata da un incontro con mu, ma il cui talento artistico è minimo. La creazione risultante può avere una sorta di fascino ingenuo, grazie alla mancanza di sofisticazione associata al concetto di shibusa. Oppure può avere ben poco valore estetico per tutti. In altre parole, l'arte Zen non è necessariamente Shibui perchè zazen e zen-ki non garantiscono merito estetico al prodotto finito.

Su questo tema siamo in disaccordo con Yanagi al quale siamo debitori invece per molte altre delle nostre idee. Yanagi equipara Shibusa con l'illuminazione e l'estetica Zen. Per esempio, ha detto (1984: 124) "La qualità Shibui è la forma esteriore di mu ('vuoto')."E' importante ricordare che l'arte non è l'obiettivo del Buddhismo Zen, ma un sottoprodotto. Il devoto non pratica lo Zen al fine di imparare a dipingere o a fare ceramica. Vuole incontrare la realtà vibrante del momento presente, nel quale è possibile scorgere il proprio sè originale, natura misteriosamente sottile della vita che ci unisce in maniera inscindibile a tutti gli altri esseri".

Questo porta, a volte, a una trasformazione fondamentale della personalità e un profondo senso di spontaneità indipendente; qualunque forma di associazione con il talento estetico o di competenza è casuale. Allo stesso modo, un senso di spontaneità indipendente non conduce necessariamente ad un desiderio di creare arte Shibui. A volte zen-ki risulta in artefatti Shibui, ma non sempre.

Distaccata spontaneità, perchè non ha nè regole, nè è diretta e orientata verso un obiettivo, può produrre comportamenti oppure oggetti che non sono conformi alle norme ordinarie di bellezza e di decoro. E' più probabile che produca puzzle o enigmi, che possono essere percepiti come fastidiosi. Per questo motivo, la spontaneità indipendente raramente è positiva per raggiungere la ricchezza o la fama, e potrebbe anche essere considerata di scarso valore pratico. Da un altro punto di vista, tuttavia, questa spontaneità percepita da molti come "idealista" o "poco pratica", svolge un ruolo importante nella cultura giapponese, perchè conserva l'ideale della libertà e spontaneità in una società altamente strutturata.

La
maggior parte dei giapponesi preferisce trascendere le limitazioni della vita quotidiana, partecipando al colore e al fascino del mondo soto con le sue deviazioni e le attività di tempo libero, o entrare in un mondo privato di fantasia, con la sua illusione di spontaneità. Alcune persone cercano di introdurre interesse nella loro vita quotidiana con la creazione di un ambiente Shibui caratterizzato dalla spontaneità degli effetti. Altri ancora, in misura minore, cercano la spontaneità d'azione immergendosi in attività che trascendono l'ego, come l'arte, la meditazione o lo sport. Tutti questi metodi hanno il loro posto nella società.