2 - Spontaneità nell'Arte e nella Cultura
Giapponese: Sobrietà ed Esuberanza

di David e Michiko Young

Questo studio fa parte del manoscritto "Spontaneity in Japanese Art and Culture", risultato di molti anni di studio e di insegnamento. Scritto dal punto di vista antropologico è focalizzato sulla relazione tra Estetica e Cultura in Giappone, non solo analizzandol'evoluzione di questi concetti, ma pure le manifestazioni contemporanee come ad esempio l'architettura. Qui viene presentato il contenuto del 2° capitolo che studia i concetti di Sobrietà ed Esuberanza, fondamentali per comprendere l'Estetica nell'arte e nella cultura giapponesi.


6 - Panoramica della spontaneità


Vaso elaborato del periodo Jomon


Al centro pugnali di pietra del primo periodo Yayoi. Qui sopra: vaso del periodo
Yayoi 400 aC - 300 dC

Tomba che conserva un vaso di pietra e il pugnale. Larghezza e la lunghezza della fossa: m. 0,8 per 1,5.
Contrasti

La differenza tra sobrietà ed esuberanza, due concetti chiave dell'estetica giapponese può essere meglio spiegata confrontando esempi di ceramica, scultura, architettura, pittura, stampa, teatro e giardini di pietra. Per il momento, la discussione non include la questione della spontaneità, che viene trattata nel 3° e 4° capitolo.

Ceramiche

Nel periodo di Jomon (10.000-300 aC) la caccia e le antiche tradizioni sono state gradualmente sostituite dall'agricoltura e da stili di vita più sedentari. Durante questo periodo venne introdotta la ceramica, forse la più antica del mondo. Veniva utilizzata l'argilla per costruire ciotole di varie dimensioni e forme, utilizzate per la cottura, la conservazione e per scopi cerimoniali. Molti dei vasi finiti vennero decorati con giri di corda intrecciata sulla superficie, quando l'argilla era ancora umida, dando origine al nome, Jōmon, che significa "segnati dalla corda". Mentre la maggior parte degli utensili Jōmon erano semplici, alcuni vasi (in particolare quelli della parte centrale di questo periodo) sono caratterizzati da un'esuberanza barocca e da una spontaneità, senza rivali in tutto il mondo. Non è noto come tali ceramiche elaborate potessero essere utilizzate, ma certamente non erano pratiche per l'uso domestico.

Il periodo Yayoi (500-300aC) ha portato in Giappone cambiamenti significativi. Nuove importanti influenze culturali provenienti dal continente introdussero su larga scala l'agricoltura del "riso bagnato". In questo periodo la gente era organizzata in clan, con il leader che era sia capo clan, sia primo sacerdote di una religione conosciuta come Scintoista. Il Periodo Yayoi, e il seguente detto dei"Tumuli di fango" segnano l'inizio di gran parte di ciò che è considerato come "tipico" dalla cultura giapponese di oggi. Una delle principali innovazioni introdotte nel corso del periodo Yayoi è stato l'uso del tornio. Per essere stata modellata su una ruota, la ceramica Yayoi è semplice nella forma, contenuta nella decorazione e nel colore. Anche se alcuni dei più grandi vasi Yayoi sono stati utilizzati per le sepolture, la maggior parte di questi manufatti sono stati impiegati per usi domestici, come la cucina e lo stoccaggio.

A sinistra: ricostruzione di una casa Jomon. Destra: struttura elevata su pali confitti nel suolo del periodo Yayoi.

L'esuberanza barocca della ceramica del medio periodo Jomon (a sinistra) contrasta fortemente con la semplicità della ceramiche fatte sulla ruota nel successivo periodo Yayoi (a destra).



Haniwa (埴轮), Sono figure di argilla cotta realizzate per l'uso rituale e la sepoltura, come oggetti funerari durante il periodo Kofun (dal III al VI secolo dC).

Soldato di terracotta del periodo Kofun, 5° secolo, custodito al Tokyo National Museum

Nel periodo seguente, denominato dei "Tumuli di fango" (Kofun), dopo due o tre cambiamenti dinastici, gli antenati dell'attuale famiglia regnante, dall'inizio del sesto secolo , hanno assunto il controllo dello stato Yamato. Il centro del loro potere era appunto nel bacino Yamato intorno a Nara. Alcuni dei più interessanti esempi di ceramica di questo periodo sono gli Haniwa (che significa "cerchio di argilla"), figure che furono piazzate vicine alle pendici dei grandi tumuli di sepoltura della classe dirigente. Mentre alcuni Haniwa erano semplici cilindri , altri assunsero una grande varietà di forme su base circolare, come figure umane, animali, e case. Questi manufatti ci forniscono informazioni sulle attività quotidiane del periodo che non sarebbero altrimenti conosciute. Lee (1964:74) sottolinea che questi manufatti giapponesi in argilla sono completamente diversi dai loro omologhi cinesi, le figure delle tombe Han. Considerando che la Cina ha tentato di raggiungere il realismo, i giapponesi hanno fatto sì che il materiale dominasse il concetto, con il risultato di elevata plasticità e forme stilizzate, insuperate nella loro semplice bellezza. Durante l'ultima parte di questo periodo, dalla Korea arrivò la conoscenza del processo di lavorazione con i forni. Così nel periodo Nara, le tecniche di smaltatura per ceramica vennero definitivamente introdotte dal continente con la conseguente diffusione di forni attorno alla città di Nara fino ad altre aree come Seto.

Layout di una grande tomba del periodo "Tumuli di fango" (Kofun). Le terrazze che circondano la collina nel centro sono state coperte con filari di figure Haniwa, come quella raffigurata sulla destra.

Arita

Vaso in stile Kakiemon, in porcellana smaltata, prodottto nei forni di Arita, 1650. Tokyo National Museum.


Ceramiche Bizen

Hōryū-ji (法隆寺lit. Tempio della legge fiorente) tempio buddista a Ikaruga, Prefettura di Nara. E' noto come uno degli edifici di legno piu' antichi esistenti nel mondo. E' uno dei templi piu' importanti in Giappone. Custodito come Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, il governo giapponese elenca molte delle sue strutture, sculture
e manufatti come patrimonio nazionale.

Kōfuku-ji (興福寺 Kōfuku-ji) tempio Buddhista nella città di Nara, sede della Scuola Hosso.

Divinità guardiana a Todaiji, Nara

Dopo l'invasione nipponica della Corea, nel XVI secolo, vasai coreani vennero portati in Giappone per insegnare la lavorazione della porcellana, che richiedeva l'impiego di argille adatte e forni particolari. Un grande centro di produzione di porcellana fu Arita nel Kyushu. Ispirate dalle ceramiche cinesi Ming, i prodotti di Arita furono caratterizzati dall'applicazione di smalti policromi su un sottosmalto cobalto in un corpo di porcellana color bianco latte. A causa della sua brillantezza tecnica, degli intricati disegni e dei colori vivaci, le porcellane Arita divennero molto popolari in Europa. Molti pezzi vennero utilizzati dai daimyo (signori della guerra che guidavano i clan locali) e dalle famiglie dei samurai. La storia della ceramica Arita è ben documentata in un bel museo della città.

Nel frattempo manufatti non smaltati continuavano ad essere prodotti in forni tradizionali come Tokoname, Iga, e Bizen. Nei periodi Muromachi e Momoyama, manufatti di questi forni vennero fortemente favoriti dai maestri del tè per le loro qualità Shibui (vedi cap. 3). I colori delicati ma gradevoli delle ceramiche Bizen provengono dai minerali della creta stessa, impreziosita da una lunga, lenta, cottura e dall'uso di paglia e sale per creare modelli naturali. La tradizione Bizen continua ancora oggi. Nelle mani dei maestri ceramisti come Kaneshige Toyo, Kei Fujiwara, e Fujiwara Yu, le ceramiche Bizen hanno raggiunto un livello di sofisticazione senza precedenti nella storia del Giappone. Ci sono molti altri vasai che non sono nella tradizione Bizen, i quali fanno uso di tecniche simili per creare ceramica che ha caretteristiche e qualità altrettanto Shibui.

In alto: forno a legna a camere separate. A sinistra, in basso: decorazione su un ponte nella città di Arita . Destra: un antico vaso Bizen che doveva essere utilizzato per contenere l'acqua.

Scultura

Warner (1958) ha sottolineato che lo Shintoismo è stato il salvagente dell'artigianato tradizionale, anche se indirettamente. In altre parole, l'artigianato associato alle corporazioni veniva praticato in conformità con i rituali Shinto, anche se pochissimi dipinti e sculture sono stati commissionati per i santuari shintoisti. Le poche sculture di origine scintoista tendono ad essere molto semplici nella forma. La maggior parte della scultura nei primi periodi del Giappone è da collegarsi con il Buddhismo. Dopo l'introduzione di questa nuova religione nel VI secolo dC, le prime sculture vennero importate dalla Cina e dalla Corea o ispirate da questi paesi, dove il buddihsmo aveva già raggiunto un alto livello di sviluppo estetico e una forte influenza culturale. La scuola buddhista che si sviluppò in Giappone era quella Mahayana, che sottolinea l'illuminazione universale. Sotto il patronato di esponenti politici, come il principe Shotoku, il buddhismo è stato utilizzato per aiutare e consolidare il controllo della dinastia imperiale e saldare le diverse aree geografiche del Giappone in uno Stato unitario. Dalla fine del VI secolo all'VIII, numerosi templi sono stati costruiti nelle aree di Kyoto, Osaka e di Nara. Questi templi sono stati decorati con una grande varietà di sculture sacre, tra cui le rappresentazioni del Buddha, dei Bodhisattvas e delle divinità guardiane. Anche se una grande quantità di questi primi lavori è stata distrutta nel corso dei secoli, per lo più dagli incendi, molti buoni esempi rimangono nelle sale di culto e nei templi, come Horyuji, Kofukuji, e Yakushiji, all'interno o in prossimità di Nara.



Il contrasto tra la tradizione moderata ed esuberante nelle antiche sculture buddhiste è illustrato dal Buddha che sta meditando (a sinistra) e dal divino generale (a destra), il cui compito è appunto quello di fornire protezione. Il Buddha che sta meditando si trova nel tempio di Asukadera e, in Giappone, è la statua più antica del Shakamuni (il Buddha storico). Il divino generale si trova a lato di una porta d'ingresso a Nikko.

Torii (entrata) all'ingresso di un santuario shintoista sul monte Hakone, centro-orientale Honshu.

Tipico portale d'ingresso a due piani di un tempio Buddhista. Questo, in legno, è uno dei più grandi del Giappone e si trova a Kongobuji.

Architettura

Dopo l'avvento del buddhismo, l'architettura shintoista cedette quasi completamente all'influenza cinese. Divinità Shinto sono state poi integrate nel pantheon buddista in una sintesi chiamata Ryobu Shinto. I santuari si abbinarono con i templi buddhisti e, talvolta, entrambi erano serviti dallo stesso sacerdote. Alcuni di questi santuari adottarono i tetti curvi cinesi e la lavorazione del legno dipinto di rosso, una pratica che ha raggiunto la maturità nel periodo Heian.

Già nel 886 il tradizionale torii (cancello scintoista) cominciò ad essere sostituito dagli ingressi a due piani che normalmente si trovano nei templi buddhisti. Le recinzioni che racchiudevano il santuario principale vennero sostituite da corridoi. Un buon esempio architettonico di santuario in stile cinese è il noto tempio Heian di Kyoto. Dedicato agli imperatori Kammu e Komei, il santuario di Heian risale al XIX secolo ed è una ricostruzione del Daigokuden, il Grande Salone dello Stato del palazzo imperiale del periodo Heian, situato originariamente vicino al Castello di Nijo a Kyoto. Lo stile meraviglioso e stravagante del Daigokuden era dovuto al suo utilizzo per le occasioni particolaricome incoronazioni e ricevimenti di ospiti importanti.

In netto contrasto con il Santuario Heian sono i Grandi Santuari a Ise (conosciuti collettivamente come Ise Jingu), che sono stati costruiti durante gli anni del periodo Yayoi, per custodire lo specchio sacro della famiglia imperiale. A partire dal VII secolo, i santuari sono state ricostruiti ogni 20 anni, su una base abbastanza regolare, garantendo in tal modo una trasmissione, più o meno fedele, dello stile originale. Ise Jingu è separato dal mondo da un antico bosco di Cryptomeria (cedro giapponese) in cui alcuni dei grandi alberi hanno più di mille anni. Camminando attraverso questo suggestivo ambiente naturale, la bellezza della natura prepara alla vista dei santuari, semplici edifici di legno con tetti di paglia, che nonostante la loro sobrietà, sono profondamente sofisticati, di quel tipo di sofisticazione, che può essere conseguita solo con moderazione e discrezione.

A sinistra: Un sacrario laterale a Ise Jingu, in legno naturale non verniciato. A destra: edificio dipinto a colori vivaci nel tempio Heian di Kyoto.



Miscanthus: è un genere di piante appartenenti alla famiglia della Panicoideae, conta circa 15 specie di erbacee perenni.

La divinità del sole Amaterasu Omikami è l'antenato mitico della famiglia imperiale. È rappresentata dallo specchio sacro, uno dei tre oggetti simbolici della autorità divina della famiglia imperiale. Leggenda vuole che il santuario interno di Ise Jingu risalga al Yamatohime quando la principessa, figlia di Suinin, era alla ricerca di un luogo di sepoltura per lo specchio sacro. Quando raggiunse Ise, udì la voce di Amaterasu Omikami, dire: "Questo è un buon posto, e vorrei rimanere qui".


Il santuario principale Naiku, il Santuario interno, è una struttura rettangolare fatta di tavole lasciate nel loro naturale colore dorato. È dominato da un grande tetto, elevato su pali, ricoperto di paglia e Miscanthus. La sommità è sostenuta da due pilastri affondati direttamente nel terreno. L'ingresso è al centro del lato lungo (uno stile denominato hirairi) con una scala che porta dal suolo verso l'ingresso. Non ci sono linee curve in tutto l'edificio e per evitare una sensazione di pesantezza, a causa della massa del tetto, la paglia si restringe man mano che si sale, così come i pilastri che sostengono la traversa. A ciascuna estremità del tetto, i pali attraversano la copertura formando il Chigi (ornamento biforcuto) che contribuisce anche ad equilibrare la forte pendenza del tetto. Secondo l'architetto tedesco Bruno Taut, uno dei primi a riconoscere il genio estetico di Ise Jingu, il fascino di questo edificio è dovuto alla semplicità di costruzione, alla naturalezza del materiale e alla bellezza delle proporzioni. In sintesi, a Ise troviamo i principi di base di quell'architettura che ora viene considerata tipicamente giapponese: l'uso diretto di legno sottile ma non verniciato e decorato di legno e paglia, l'innalzamento delle strutture su pali di legno e un adattamento coordinato dell'architettura all'ambiente naturale. Il contrasto tra il Santuario Heian e Ise Jingu, entrambi magnifici in maniere diverse, non potrebbe essere più pronunciato.
Chigi (ornamenti biforcuti) e katsuogi (travi parallele) sul tetto di un edificio del santuario di Ise Jingu.

Salone della Fenice Byōdōin, del periodo Heian, a Uji

Edificio centrale del tempio Higashi Honganji

Interno del tempio di Nishi Higashi Honganji

I primi templi buddisti dei periodi Asuka e Nara, copiando gli stili continentali, generalmente sono stati organizzati in strutture simmetriche costruite su terreno pianeggiante, privo di alberi. Un buon esempio sono i templi Horyuji, Todaiji e Yakushiji, nella zona di Nara. Gli stili cinesi persistitono anche in epoche successive, come esemplificato dall'elaborato Salone della Fenice Byōdōin, del periodo Heian, a Uji, costruito da Yorimichi, reggente dell'imperatore, caratterizzato da una pianta simmetrica, decorazioni ornate , tetti spioventi, curvi, e dai colori rosso e bianco. Esempi dell'enfasi cinese sulla monumentalita' sono fornite dai templi Nishi (Ovest) e Higashi (Est) Honganji di Kyoto (periodo Momoyama) con i loro enormi edifici situati in cortili recintati. La magnificenza dei templi di Byōdōin e Honganji è dovuta al fatto che hanno tentato di catturare la bellezza del paradiso (Terra Pura), come descritto nei dipinti e nelle Scritture associate al Buddihsmo Amida .

Considerando che l'architettura Shinto, con l'eccezione di alcuni santuari, come Ise Jingu, nel corso del tempo è diventata sempre più simile a quella cinese, la disposizione dei templi buddhisti spesso divenne più asimmetrica in quanto venivano adattati all'ambiente naturale circostante, secondo gli standard del gusto nipponico. Un buon esempio è il piccolo tempio Tendai di Sanzenin a Ohara, un villaggio di montagna vicino a Kyoto. La sala Amida è stata fondata nel 594 (periodo Asuka) e ricostruito nel 1148 (periodo Heian). Sebbene Sanzenin non sia particolarmente degno di nota per la sua architettura, è ambientato in una foresta di alberi di Cryptomeria con il terreno circostante coperto di muschio. Gli edifici stessi sono di piccole dimensioni con i tetti coperti di corteccia. Piuttosto che dominare l'ambiente in cui è inserito, come è classico nello stile cinese, Sanzenin si fonde perfettamente con l'ambiente circostante.

Sanzenin (a sinistra), con il suo legno naturale è un buon esempio di come lo stile dei primi templi buddhisti cinesi si sia evoluto nel tempo in direzione di un gusto più naturale giapponese, mentre molti santuari shintoisti, che originariamente erano naturali come quelli a Ise, hanno assunto caratteristiche cinesi, come il legno dipinto al Santuario di Kasuga a Nara (a destra).



Un esempio lampante del contrasto tra le tradizioni, moderata ed esuberante, del periodo Muromachi sono i templi Kinkakuji e Ginkakuji a Kyoto. Gli ultimi due piani di Kinkakuji (Tempio del Padiglione d'oro) sono coperti con foglie d'oro. Al contrario, i rivestimenti in legno di Ginkakuji (Tempio del Padiglione d'argento) sono stati lasciati allo stato naturale determinato dal tempo. Entrambi i templi sono molto belli, ma molto diversi nel modo di interagire con i giardini che costituiscono i loro ambienti naturali.

A sinistra: Ginkakuji (Tempio del Padiglione d'argento) a Kyoto. A destra: Kinkakuji (Tempio del Padiglione d'Oro) a Kyoto.

Shingon (真言 in cinese "vera parola", traduzione del sanscrito mantra) si riferisce alle branche giapponesi del buddhismo tantrico.

Parte centrale del maṇḍala Garbhadhatu (胎蔵界 taizōkai), rappresentazione metafisica del mondo dei Cinque Re della Saggezza; Vairocana Buddha è la figura centrale, circondata da quattro Buddha e quattro Bodhisattva.

Il Buddhismo Tendai (天台宗, Tendai-shū ) è una scuola giapponese del Buddhismo Mahāyāna. Fondata da Saichō, discende della scuola cinese Tiānt·i (天台宗, Tiānt·i zong, Wade-Giles: T'ien-t'ai tsung), anche conosciuta come scuola del Sutra del Loto e fondata da ZhÏyǐ (智顗) nel VI secolo.

"La Storia di Genji" di Tosa Mitsuoki, stile Yamato-e, XVII secolo.

Murasaki Shikibu (紫式部, c. 973-c. 1.014 o 1025), o Lady Murasaki come è conosciuta in inglese: romanziere, poeta, e damigella d'onore alla corte imperiale durante il periodo Heian. Autrice di "La storia di Genji", scritta in giapponese
tra il1000 e il 1008, uno dei
primi romanzi nella storia umana.

Pittura Suiboku: "Paesaggio d'inverno" di Sesshu periodo

Muromachi (Museo Nazionale di Tokyo)

Pittura e Stampe

L'introduzione del buddhismo Shingon e Tendai nel primo periodo Heian stimolò l'uso di immagini per spiegare queste dottrine esoteriche. L'iconografia buddhista di questo periodo spesso ha raffigurato le varie divinità o i mandala (diagrammi magici), con disegni e colori audaci, inserendosi così nella tradizione esuberante.

Il periodo Heian vide anche la nascita di un altro stile esuberante noto come Yamato-e (pittura giapponese rispetto a Kara-e, la pittura cinese). Vennero dipinti soprattutto sui paraventi e sulle porte scorrevoli di palazzi appartenenti a nobili scene di personaggi storici, paesaggi, o di cortigiani mentre si godevano le attività del tempo libero. Dipinti in stile Yamato sono stati utilizzati anche per decorare pareti e porte dei templi buddihsti.

Nel tardo periodo Heian, la pittura di stile Yamato è stata impiegata per illustrare racconti su rotoli orizzontali noti come emaki. Forse l'esempio più famoso di questo genere è il Genji Monogatari emaki (un rotolo di 20 scene di Lady Murasaki) che descrive le avventure amorose alla corte del nobile principe Genji. La pittura Yamato-e è meglio descritta come "decorativa", per l'uso di ampie zone di colore, contrasti audaci e forme astratte. I colori, in alcuni dipinti Yamato-e erano sottili, ma spesso vennero utizzate abbondantemente foglie d'oro e argento. Nei seguenti periodi Kamakura e Muromachi lo stile Yamato-e divenne più realistico e dettagliato, senza perdere la sua enfasi sul design audace e le grandi aree di colore.

Nel periodo Momoyama, i dipinti Yamato sono stati impiegati per illuminare gli interni scuri dei magnifici castelli dei militari al potere. Muri e paraventi sono stati dipinti con colori minerali forti della terra, come la malachite verde e il blu azzurrite, su sfondi d'oro puro. Molti di questi dipinti sono di dimensioni monumentali. Uno dei pittori più famosi di questo periodo è stato Jigorō Eitoku (1543-1590), che decorò il castello Azuchi castello sulle sponde del lago Biwa, così come castello di Toyotomi Hideyoshi a Osaka. Un altro famoso pittore di questo periodo è stato Hasegawa Tōhaku (1539-1610) che ha lavorato sia con lo suiboku (inchiostro nero) sia con gli stili colorati Yamato-e. Nel Periodo Edo, le tradizioni dello Yamato-e e Momoyama, sono state continuate, in forma più contenuta, da Tawaraya Sōtatsu (1576-1643), Ogata Korin (1658-1716) e Sakai Hoitsu (1779-1828).

L'esuberante tradizione decorativa ha trovato la sua espressione non solo nell'arte aristocratica, ma anche in quella che si rivolgeva alla gente comune. Lo stile Ukiyo-e ("immagini del mondo fluttuante"), produsse nel periodo Edo dipinti e xilografie che esprimevano la crescente influenza della classe mercantile. I soggetti preferiti erano le belle donne dei quartieri di piacere e gli attori kabuki. Il mondo fluttuante forniva una via di fuga dalle restrizioni della società Edo, con la sua enfasi sulla correttezza confuciana e le norme elaborate che disciplinavano il comportamento delle diverse classi sociali. Le stampe xilografiche agli inizi erano in bianco e nero, ma con Suzuki Harunobu (1725-1770), l'uso di una varietà di colori è diventato comune per le generazioni successive di artisti. Continuando la tradizione Yamato-e le xilografie sono caratterizzate da design audace e ampie zone di colori a tinta unita. Questa tendenza probabilmente è stata favorita dalla necessità di intagliare un blocco di legno diverso per ogni colore utilizzato. Per riassumere, la tradizione esuberante del colore originariamente è stata sviluppata per facilitare l'attività didattica dei monasteri buddihsti e più tardi, per decorare i castelli militari. Nel Periodo Edo, la tradizione esuberante diventa tipica dell'arte della gente comune.

In stridente contrasto con la tradizione esuberante nella pittura giapponese è lo stile cinese Sung (di suiboku-ga o sumi-e), la pittura a inchiostro nero introdotto in Giappone durante il periodo Kamakura e culminata nel periodo Muromachi. La maggior parte dei primi pittori di inchiostro nero sono stati monaci Zen, piuttosto che artisti professionisti. Soggetti popolari erano i paesaggi, gli eremiti buddihsti e i maestri zen. Le tavole GA-Suiboku sono dipinte con il pennello cinese (fude), composto di diversi tipi di peli (coniglio, capra, procione, cervo, e cavallo) e studiato per contenere l'inchiostro sufficiente per completare una o più pennellate. Un bastoncino d'inchiostro (composto di fuliggine della lampada, colla, e incenso) è sciolto con acqua su una pietra scura per rendere l'inchiostro nero. Oltre all'inchiostro nero, di solito ne viene preparato un altro, più diluito, con una tonalità di grigio. Un modo di dipingere è quello di immergere il pennello prima nell'inchiostro diluito e poi in quello più scuro. Caricato il pennello in questo modo, con due diverse concentrazioni di inchiostro, l'artista può creare una linea con diverse sfumature di "colore". Ci sono numerose tecniche e pennelli che possono essere impiegati per creare tratti umidi e a secco, sottili e spessi, taglienti e schizzati.

La base di queste tecniche, tuttavia, è l'uso di una pennellata con stile calligrafico. I pittori Suiboku spesso si esercitavano nella scrittura in combinazione con lo zazen (meditazione Zen). La forza spirituale è dimostrata dalla produzione di linee che sono ferme e decise. L'esitazione anche di una frazione di secondo viene subito evidenziata sulla carta di riso che, come una carta assorbente, si impregna in fretta. I soggetti quindi sono dipinti con una velocità notevole e con economia di pennellate nel tentativo di mostrare l'essenza di ciò che viene dipinto, piuttosto che riempire gli spazi, come avviene nella pittura ad olio occidentale. Se si ritiene auspicabile l'uso di un colore, con un pennello grande può essere applicato un "lavaggio" diluito, tratti calligrafici possono quindi essere eseguiti su questo sfondo di colore.

In alto a sinistra: schermi dipinti in stile Yamato al tempio Ninnaji di Kyoto. In alto a destra: schermi stile Zen dipinti con inchiostro nero al tempio Ryoanji di Kyoto. In basso: xilografia (Ukiyo-e) dal periodo Edo.

 



Attore Kabuki, dipinto in stile Yamato-e.

Il dramma

I tre principali tipi di teatro classico in Giappone sono Bunraku (teatro dei burattini), Kabuki e Noh. Kabuki, che ha avuto inizio nei primi anni del XVII secolo come uno spettacolo di varietà itinerante, raggiungendo la maturità entro la fine del secolo, è una magistrale fusione di recitazione, danza e musica. Originariamente, gli attori erano donne, ma poiché erano spesso prostitute, il governo Edo infine decretò che solo gli uomini potevano esibirsi. Successivamente, quindi, anche i ruoli femminili vennero interpretati dai maschi (onna-gata).

La parola "Kabuki" ha una connotazione di "fuori dall'ordinario" o "scioccante". In origine, ciò era dovuto alle sue danze sensuali e ai temi erotici, ma queste caratteristiche sono ancora adeguate oggi a causa del carattere melodrammatico di questo spettacolo. Le scenografie sono elaborate, spesso di grandi dimensioni, e gli attori sono famosi per le loro facce dipinte in maniera drammaticamente esagerata.

A differenza del teatro Kabuki, che si rivolgeva a tutte le categorie di persone a causa del suo valore di intrattenimento, il teatro Noh, nella tradizione moderata, è più aristocratico e di natura religiosa. Nel Noh la recitazione è combinata con il coro che si alterna con gli attori nel raccontare la storia, mentre l'orchestra fissa il ritmo con la sua musica stranamente incantata. La storia spesso coinvolge un prete buddhista, che funge da intermediario tra il mondo umano e il mondo degli spiriti, divinità e fantasmi. Il palcoscenico è quasi privo di oggetti di scena, l'attore principale di solito indossa una maschera e i movimenti sono lenti e misurati. L'obiettivo è quello di fornire un'esperienza di bellezza che può essere profonda commozione per la sua semplicità e l'intensificarsi delle emozioni attraverso la metafora. Ad esempio, per esprimere il profondo dolore, l'attore solleva la mano dolcemente davanti ai suoi occhi, e per esprimere la gioia, solleva il viso mascherato. Nascondendo il volto con la maschera si permette al pubblico di immaginare l'emozione suggerita amplificandone l'effetto.

A sinistra: Maschera di legno utilizzata da un attore protagonista in un dramma Noh. A destra: faccia dipinte a colori vivaci di un attore kabuki.



Giardino tsubo Niwa



































































































Spontaneità nell'Arte e nella Cultura giapponese

1 - Introduzione

2 - Moderazione ed Esuberanza

3 - Il concetto di Shibusa

4 - Spontaneità, azioni ed effetti

5 - Estetica della vita quotidiana

6 - Panoramica della spontaneità





























































Donne di corte indossano il jūnihitoe, immagine dalla Genji monogatari


Toyotomi Hideyoshi (豐臣秀吉 o 豊臣秀吉) (1536-1598) famoso samurai e daimyō del periodo Sengoku, fondò il Clan Toyotomi e riunificò il Giappone, succedendo al suo precedente signore Oda Nobunaga. Conosciuto anche per l'invasione della Corea. Durante il suo periodo avviò molte modifiche culturali, tra cui la restrizione che permetteva ai soli samurai di portare armi.
Il periodo del suo governo viene spesso detto periodo Momoyama.


Un'immagine di Sen no Rikyū dipinta da Hasegawa Tōhaku (長谷川等伯, 1539-1610).

Sen no Rikyū (千利休) (1522 1591) monaco buddhista zen, riformatore della Cerimonia del tè, che codificò in maniera definitiva nella forma wabi-cha.


Hon'ami Koetsu
(本阿弥光悦, 1558-1637) artigiano, ceramista, laccatore e calligrafo, il cui lavoro ha ispirato la fondazione della scuola Rinpa.

Calligrafia di Koetsu su foglio di carta di dipinta


Tawaraya Sōtatsu (俵屋宗达) (primi 1600) Artista co-fondatore della Rimpa scuola di pittura giapponese.

Coppia di paraventi ripiegati di

Sotatsu, XVII secolo; inchiostro e colore su carta ricoperta di foglie d'oro, Kyoto National Museum.


Ogata Korin (1658-1716) "onde a Matsushima", periodo Edo, Museum of Fine Arts Boston


Sakai Hoitsu, 1761-1828 "Airone e Loto" 蓮に白鷺図 , Periodo Edo, fine XVIII-inizi XIX secolo

Giardini

I più antichi giardini in Giappone, semplici trame di ghiaia nel bosco o lungo la riva, erano intesi come luoghi sulla terra per gli dei (Kami). In contrasto con queste origini semplici, le nuove ambientazioni importate dal continente nel VI secolo dC erano elaborate composizioni con uno stagno, le isole, la vegetazione e rocce. Quando il buddhismo zen è stata introdotto dalla Cina nel XII secolo, la sua enfasi sulla meditazione influì anche sui giardini costituiti principalmente da rocce, ghiaia e muschio. Il contrasto tra piccoli giardini semplici e composizioni complesse è stato più marcato nel Periodo Edo, che ha visto lo sviluppo di passeggiate nei giardini create per i militari al potere. Al tempo stesso, però, piccoli giardini (tsubo Niwa) venivano nascosti negli angoli di piccoli templi e in complessi abitativi e commerciali conosciuti come machiya. Nel periodo moderno, i grandi giardini si sono sviluppati diventando parchi, mentre quelli piccoli sono stati incorporati in residenze private, uno dei tratti distintivi di una graziosa casa giapponese.

L'effetto di questo giardino Karesansui (paesaggio senz'acqua), composto di ghiaia, sassi e muschio al tempio Ryōgenin, un sub-tempio del monastero Zen Daitokuji a Kyoto) è diverso da quello di Suizenji Jōjuen dove grandi appezzamenti di verde sono organizzati attorno ad uno stagno a Kumamoto.
Spiegazioni

Qual è la spiegazione per queste continue contrapposizioni, tra moderato ed esuberante, nell'arte e nell'architettura giapponese? Ci sono almeno tre possibili fattori:

Origini culturali

Una spiegazione è che ci sono differenze di origine culturale. La tradizione moderata ha le sue origini nella cultura Yayoi con la sua enfasi sulla semplicità di fusione con la natura, mentre la tradizione esuberante è in parte figlia delle influenze cinesi durante il periodo Nara. Coloratissimi tamburi dadaiko, utilizzati nel gagaku, l'antica musica di corte in Cina e Corea, si conservano ancora in Giappone. Allo stesso modo, le ceramiche colorate, come quelle Arita, sono state favorite dalle influenze provenienti dalla Cina, in contrasto con la sobrietà tipica dei manufatti delle vecchie fornaci del Giappone, come Bizen. Lo stereotipo dei cinesi che preferiscono i colori luminosi è rafforzata da esempi attuali di gusto cinese in Giappone, come ad esempio il tempio confuciano Koshi-byo a Nagasaki.

Quando templi giapponesi del periodo Nara sono ricostruiti o ristrutturati, sono fatti nello stile originale cinese con le parti in legno dipinte in rosso acceso. Dopo aver reso omaggio alla autenticità, tuttavia, il legno viene lasciato invecchiare senza essere ridipinto. Così nel corso del tempo assume un carattere molto più contenuto che viene fornito proprio dalla patina del tempo.

Queste differenze di origini culturali, tuttavia, non dovrebbero essere troppo enfatizzate. L'esuberanza della ceramica Jōmon è probabilmente uno sviluppo indigeno e, paradossalmente, la tradizione tipicamente nippoca dell'Yamato-e è più colorata della pittura con inchiostro nero introdotto dalla Cina dal buddhismo zen.

A sinistra: tamburi colorati dadaiko ospitati nel Museo Nazionale di Etnologia a Osaka. A destra: il tempio confuciano cinese a Nagasaki.



Tecnologia

Gran parte della semplicità della ceramica Yayoi è dovuto al fatto che viene modellata su una ruota. Al contrario, le ceramiche Jōmon sono fatte con una spirale, una tecnica che consente grandi elaborazioni delle forme. Allo stesso modo, la ceramica Arita è stata possibile solo perché la superficie di un vaso di porcellana consentiva di essere trattata come una tela su cui potevano essere dipinti bellissimi colori e disegni precisi. Al contrario, la ruvida superficie di gres smaltato tipica dei forni tradizionali giapponesi era del tutto inadeguata al trattamento pittorico.

Uno degli aspetti più sorprendenti dei templi in stile cinesi è il grande tetto che domina il resto della struttura. Questi enormi tetti sono stati resi possibili dalle sofisticate invenzioni tecnologiche che permettevano un notevole sbalzo. Al contrario il tempio di Ise Jingu, nonostante la sua raffinatezza estetica, tecnologicamente è piuttosto primitivo.

Infine, come è stato detto in precedenza, il design audace e le grandi aree di colore tipiche delle xilografie giapponesi possono essere attribuiti, almeno in parte, alla necessità di incidere un blocco di legno diverso per ciascun colore. Questo è un esempio di innovazione tecnologica che ha reso possibile la produzione di massa, pur riducendo la complessità del design che poteva essere realizzato con piccoli pennelli.

A sinistra: il complesso sistema utilizzato nei templi buddisti consente la costruzione di massicci tetti di tegole. A destra: Il sistema utilizzato a Ise Jingu, invece, è relativamente semplice.
Funzione

Gli argomenti discussi fin qui sulle origini culturali e tecnologiche sono importanti, ma altrettanto rilevante, è l'argomento che la differenza principale tra le tradizioni sobria ed esuberante si trova nella funzione dei vari manufatti. Per esempio le pentole Yayoi erano semplici perché erano destinate alla cottura e alla conservazione. Gli esempi più elaborati della ceramica Jōmon avevano invece una funzione cerimoniale.

La distinzione tra funzioni domestiche e cerimoniali è molto più chiara, nel caso dell' architettura. I grandi templi buddisti dei periodi Asuka e Nara sono stati progettati per impressionare i clan circostanti e i dignitari in visita dall'estero, con il potere del clan dominante Yamato e la sua determinazione ad esercitare e mantenere il controllo. Lo stesso si può dire della magnificenza della Sala di Stato nel palazzo imperiale di Kyoto. Al contrario, i quartieri privati dell'imperatore erano estremamente semplici e sobri.

Altre differenze funzionali sono già state suggerite. Per esempio, la semplicità di stile può connotare la tranquillità in una meditazione di un Buddha o un Bodhisattva, mentre la funzione di una divinità protettrice è quella di essere feroce e temibile. Allo stesso modo, la funzione primaria di alcuni dei grandi paraventi colorati Momo-yama era quella di decorare i castelli dei signori della guerra, mentre l'obiettivo della pittura Zen era quello di esprimere la visione religiosa, così come di suggerire che l'illuminazione si trova nella direzione dell'austerità e della moderazione piuttosto che nell'ostentazione.

La considerazione più importante di funzionalità è la distinzione tra funzioni domestiche e non. I termini giapponesi, uchi e soto sono utili a questo riguardo. Letteralmente uchi significa dentro, ma il concetto è esteso per includere la propria casa, gli affari privati, la famiglia, e altri piccoli gruppi primari con i quali si hanno rapporti intimi. Letteralmente Soto significa fuori cioè tutto ciò che non è "famiglia". Poiché uchi è associato con la vita domestica, i disegni ed i colori tendono ad essere tranquilli e riposanti. Casa è dove uno si ritira dallo stress per riconquistare un senso di tranquillità e calma. A casa, non c'è bisogno di dimostrare qualcosa e non è necessario impressionare gli altri. Un'altra serie di termini che possono essere utili in questo contesto è ke e hare. Ke si riferisce a ciò che è ordinario, mentre hare si riferisce a ciò che è straordinario. Queste due serie di termini saranno illustrate dettagliatamente nel corso del capitolo riguardante l'estetica della vita quotidiana.

In generale, l'arte e l'architettura progettate per uso abitativo in Giappone sono caratterizzate da sobrietà, mentre quelle studiate per impressionare l'opinione pubblica tendono ad essere esuberanti, grandi, ornamentali e colorate. Entrambe le tradizioni coesistitono nel Palazzo Imperiale di Kyoto del periodo Heian. Appena dentro la porta sud del palazzo c'era il Chōdōin, utilizzato per le cerimonia di investimento e le funzioni pubbliche, e il Burakuin dove si tenevano riunioni e banchetti. La sala principale del Chōdōin era il Daigokuden, al centro del quale sorgeva il trono imperiale. Il Daigokuden era un edificio tipico cinese con piastrelle verdi smeraldo e pinnacoli sul tetto. Era di dimensione monumentale, basato su una piattaforma di pietra. Il legno era dipinto di rosso e il tetto era verde piastrellato. Parte di questo edificio è stato riprodotto nel Santuario Heian di Kyoto, di cui abbiamo parlato in precedenza.

Il complesso residenziale imperiale, chiamato Kōkyo, era in fondo al Chōdōin, e occupava una superficie relativamente piccola. Gli edifici in Kōkyo erano in puro stile giapponese. Il passaggio dallo stile cinese Chōdōin allo stile giapponese Kōkyo era contrasegnato da due passaggi Kōkyo. Il cancello esterno era a due piani con colonne rosse e un tetto di tegole. La porta interna era su un solo piano, coperta con tegole di cipresso (Paine e Soper 1960: 201-202). Questo è un chiaro esempio del compromesso tra le due culture. Proprio come i loro antenati avevano tenuto i sacerdoti buddhisti lontani dal tempio di Ise, gli imperatori di Kyoto sono stati determinati a non permettere l'influenza cinese nella loro stanze private. Tuttavia, il colore e la grandezza dell'architettura cinese sono adatti per stupire i visitatori. In tal modo la coesistenza degli stili sobrio ed esuberante in un palazzo non è davvero un mistero.

Sinistra: i semplici interni di gusto tradizionale di una residenza sono stati progettati per conferire un senso di tranquillità. A destra: Il magnifico Daigouden (Sala dello Stato) del palazzo imperiale di Kyoto è stato progettato per impressionare dignitari in visita.



Altri esempi di coesistenza

Altri interessanti esempi di convivenza tra esuberanza e moderazione si possono trovare nel periodo Momoyama, quando il paese era stato unificato militarmente, e nel seguente periodo Edo, quando lo shogun Tokugawa governò fino alla Restaurazione Meiji del 1868. L'architettura secolare di entrambi i periodi Momoyama e Edo si sviluppò in due direzioni: da una parte il castello e l'architettura del palazzo riflettono il potere dei governanti, dall'altra accanto a questo nuovo sviluppo, si mantiene lo stile sobrio delle sale da tè e delle residenze private.

Toyotomi Hideyoshi, forse il più grande dei leader militari Momoyama, è stato preceduto da Oda Nobunaga e seguito da Tokugawa Ieyasu, il primo degli shogun Tokugawa. Hideyoshi proveniva da un ambiente contadino, sempre consapevole della sua nascita plebea, era determinato a mettere in ombra i suoi generali, che provenivano da famiglie di antica nobiltà. Cercò di ripetere la grandezza del periodo Nara (radicata nella civilizzazione cinese della dinastia Tang), con la costruzione del più grande edificio in legno mai edificato in Giappone, il tempio Hōkōji. Era alto 70 metri e ospitava un Buddha di 46 metri (Sadler, 1963). Altri esempi della sua stravaganza erano l'enorme castello di Osaka e il palazzo Fushimi-Momoyama che è stato smembrato dai Tokugawa. Il palazzo Fushimi (chiamato castello della collina di pesco da cui il periodo Momoyama deriva il suo nome) è stato di dimensioni monumentali, decorato in oro e splendidi colori. Hideyoshi fece anche costruire una sala da tè portatile in cui i muri e pilastri, così come le attrezzature, come il bollitore, erano coperti di foglie d'oro. Al tempo stesso, però, Hideyoshi è stato il mecenate del celebre maestro del tè, Sen no Rikyu, che perfezionò la cerimonia del tè e fece le sue sale da tè più piccole e austere possibile. Si dice che mentre il castello di Osaka si ingrandiva, le sale da tè di Rikyu diventavano sempre più piccole e più austere, in ultima analisi, ridotte a un solo tatami e mezzo in termini di dimensioni. Nonostante la critica implicita di questa azione, Hideyoshi ammirava il gusto di Rikyu. Alla fine, comunque, Hideyoshi sospettò che Rikykū stesse cercando di avvelenarlo e gli ordinò di suicidarsi.

Le dimensioni monumentali e la struttura durevole del castello di Osaka è in forte contrasto con il senso di transitorietà suggerito da una sala da tè.

Un altro esempio di ciò che
Munsterberg (1962: 160) chiama la "natura duplice dell'anima giapponese" è Ōhiroma (la sala grande) nel Castello di Nijo a Kyoto, costruito nel 1602 per lo shogun Tokugawa, Ieasu, e successivamente ristrutturato. L'Ōhiroma era dove Ieasu incontrava i daimyo locali durante le sue visite a Kyoto. Anche se il tatami dava un'aria di semplicità, non si può fare a meno di essere colpiti dalle lamine d'oro, dai paraventi colorati e dai vivaci soffitti decorati. Vicino alla Ōhiroma c'è il Shiroshoin (studio bianco), quartiere privato dello shogun. Anche se elegante, il shiroshoin è più piccolo e decorato molto più modestamente. Un contrasto simile può essere visto nel tempio Nishi Honganji, sede della Shinshu Jodo (vera terra pura) del tempio, che si trova a Kyoto. In questo caso, il Shiroshoin era il luogo in cui il potente capo del tempio incontrava le persone importanti. Costruito intorno al 1632, l'edificio ha un esterno relativamente semplice, ma l'interno è riccamente decorato con pitture di Kano Eitoku, nonché con oro e lacca nera. Adiacente al Shiroshoin del Honganji Nishi è il Kuroshoin, utilizzato per scopi privati. Qui si può vedere la semplicità e il gusto caratteristici dello shibusa.

Questa duplice fedeltà ad entrambe le tradizioni sobria ed esuberante si esprime letteralmente in alcuni paraventi Momoyama, che hanno un dipinto colorato su un lato e uno di inchiostro nero dall'altra. La sua espressione più bella è probabilmente il dramma Noh in cui la scarsità di oggetti di scena e lentezza dei movimenti sono completati e sottolineati dagli splendidi costumi degli attori.

Un continuum

Questi esempi di sobrietà ed esuberanza simultanee illustrano un punto importante: non devono essere considerate come contraddizioni, ma come due estremi di un continuum. Tra le due estremità ci sono infinite gradazioni. Da qualche parte verso la metà ci sono numerosi esempi di ciò che potrebbe essere chiamato eleganza. Buoni esempi di un tipo di eleganza che non è né frenata né sgargiante sono forniti da alcune delle pergamene Genji, dipinte secondo la tradizione Yamato-e. Commentando una scena da uno dei primi rotoli Genji, i redattori dei tesori d'arte del Giappone hanno fatto questo osservazione in merito alla qualità dei colori Yamato-e usati nel XII secolo: "La combinazione di colori del quadro complessivo indica che la luce della luna riempie giardino e palazzo. Sia la composizione ed i colori sono ben bilanciati e molto tranquilli. Questo è lo stile della pittura Yamato-e al suo meglio, applicato in un'armonia di colori più delicati " (Yashiro 1960: 213).

Un altro esempio dal periodo Heian fu l'utilizzo di strati diversi di kimono per ottenere eleganti effetti di colore (Kasane-no-irome). Ad esempio un kimono rosso poteva essere coperto con uno bianco sottile risultando nel colore di un fiore di ciliegio rosa pallido. Un costume formale di dame di corte Heian si chiamava Juni-hitoe, era un vestito a dodici strati, ognuno consistente in una diversa tonalità dello stesso colore. Gli strati sono stati indossati in ordine di sfumature sempre più scure, in modo tale che i diversi strati potevano essere visti alle aperture del collo e delle maniche.

Era nella scuola di grandi artisti come Koetsu, Sōtatsu e Korin, tuttavia, che la tradizione elegante dell'arte giapponese ha raggiunto l'apice di raffinatezza e potenza. A volte lo spettatore è attratto dai bei colori e dai disegni astratti in un mondo di pura musicalità. Se si dovesse usare una sola parola per descrivere questo tipo di eleganza, sarebbe lirismo, come evidenziato nei paraventi di Sakai hoitsu. Molte delle arti e mestieri tradizionali del Giappone si inseriscono, da qualche parte, sul continuum tra sobrietà ed esuberanza.

Da qualche parte nel mezzo del continuum tra sobrietà ed esuberanza ci sono numerosi esempi di ciò che potrebbe essere chiamata "eleganza" nel campo delle arti e mestieri giapponesi. Qui è mostrato un dettaglio da un rotolo di Genji e parte di una porta scolpita al tempio di Higashi Honganji a Kyoto.



Ruolo della Famiglia Imperiale

I valori estetici associati al concetto di shibusa sono stati coltivati principalmente dalla famiglia imperiale. Shibusa ha trovato la sua prima espressione matura nel santuario imperiale di Ise. Trascurato dai nobili Fujiwara nel periodo Heian, shibusa è stata mantenuta in tutta la sua semplicità nelle residenze imperiali, al palazzo principale (Gosho) a Kyoto. In contrasto con la stravaganza del salone delle cerimonie di Hideyoshi al palazzo Momoyama, quello del palazzo imperiale è estremamente semplice, con i troni per l'imperatore e la consorte costituiti da due semplici sedie a schienale dritto. Il trono d'estate era ancora più semplice in quanto l'imperatore era seduto su una stuoia circolare tatami. Quando l'attuale palazzo imperiale fu costruito a Tokyo, venne mantenuta in gran parte la semplicità e l'eleganza del palazzo di Kyoto. Il sapore austero associato al concetto di shibusa è evidente non solo a Ise e Gosho, ma pure in altre strutture costruite per i membri della famiglia imperiale, come il Palazzo Katsura Rikyu a Kyoto.

Indipendentemente da come questo tipo di gusto venne abbracciato dalla dinastia imperiale, una volta raggiunta la maturità, a Ise, assunse un carattere sacro. Ise infatti è stato il simbolo del potere dell'imperatore. L'autorità dell'imperatore derivava dalla sua parentela con gli dèi, così che il governante di turno non aveva interesse che questo simbolo fosse corrotto da influenze cinesi. E' stato per questo motivo che lo stile austero Ise è rimasto relativamente puro, mentre molti altri santuari shintoisti hanno assomigliato sempre più ai templi buddhisti. Ci sono altri motivi per cui questo tipo di gusto estetico è stato mantenuto dalla famiglia imperiale. La famiglia imperiale è sempre stata prudente, piuttosto isolata dalle influenze esterne e quindi le sue tradizioni sono cambiate più lentamente. Inoltre è la più antica dinastia al mondo. L'imperatore attuale è un discendente dei primi clan che governarono Yamato nell'epoca preistorica. Questa è una grande fonte di orgoglio per molti giapponesi, che non vogliono vedere cambiate le tradizioni imperiali. Infine, va notato che, durante gran parte della storia giapponese, in particolare dalla fine del XII secolo alla metà del XVI, la famiglia imperiale era troppo povera per uno stile di vita stravagante. Non avevano altra scelta se non una vita di austerità. Di conseguenza non sono stati tentati, come gli shogun militari, di abbandonare i valori estetici associati con la sobrietà abbracciando quelli abbinati all'esuberanza.

Conclusione

I giapponesi amano sia la sobrietà che l'esuberanza, due estremi di sensibilità che nel corso di una lunga storia hanno ottenuto ottimi risultati. La preferenza Yayoi per la semplicità è stata successivamente rafforzata con l'insegnamento del Buddhismo Zen secondo cui le cose, anche se bellissime, sono solo temporanee e dovrebbero quindi essere abbandonate in favore di una vita austera di rinuncia. La semplicità è stata espressa anche nel campo delle arti associate con lo Zen, così come in molte delle attività e mestieri popolari. Infine, la tradizione moderata è stato tutelata e rafforzata dalla famiglia imperiale.

Anche la tradizione estetica esuberante ha una storia di tutto rispetto. Prima con l'apparizione della ceramica Jōmon, nell'arte e architettura buddhista degli inizi, nelle pitture Yamato-e del periodo Heian, poi ha avuto nuovo sviluppo nel periodo Momoyama sotto l'influenza dei governanti militari, che si gloriavano di lusso e potere. Oggi è in crescita in una nazione prospera e materialista, che ha definitivamente girato le spalle alla povertà post-bellica. I giovani, in particolare, hanno scarsa comprensione e apprezzamento per moderazione ed austerità. Tuttavia, entrambe le tradizioni estetiche sopravvivono e continuano a fornire una dialettica che aiuta a rendere la cultura giapponese dinamica ed interessante.